IL SERVO DI DIO GIUSEPPE GUARINO A MESSINA
Nel 1875, resasi vacante la sede di Messina, lo stesso Pio IX, ritenne opportuno affidare quella a Mons. Guarino che vi fece il suo ingresso il 3 agosto, accolto come "una grande promessa".
L'accoglienza, a differenza di quella ricevuta a Siracusa, fu calorosissima, ma non furono minori le difficoltà che egli incontrò nei primi anni.
Per prima cosa non poté alloggiare nel palazzo arcivescovile, perché egli era sfornito del regio exequatur. Dovette perciò accontentarsi del Seminario, distrutto in parte da terremoti e incendi e per il resto ridotto in pessime condizioni; dovette per sino lottare perché, dato lo sparuto numero di alunni, poco più di una diecina, il demanio intendeva impadronirsene; in pochi anni fu in gran parte ricostruito e popolato da oltre un centinaio di alunni. Riebbe ilpalazzo arcivescovile dopo quattro anni, ma dovette ancora difenderne il possesso, perché nel 1884 il municipio di Messina progettò di espropriarlo per trasformarlo in sede dei tribunali. Fece ricorso alla sua solida preparazione e alla ricca esperienza giuridica per allontanare quel pericolo.
Ma era soprattutto la situazione spirituale a rattristare l'anima del pastore. Trovò un clero scarso di numero, economicamente indigente, scadente nella preparazione spirituale e culturale. La vita cristiana del popolo era, conseguentemente, in una tristissima situazione, aggravata dall'azione della massoneria e dall'anticlericalismo. Scarsa era la presenza di religiosi e religiose, di istituzioni giovanili e caritative.
Appena giunto a Messina pensò alla visita pastorale che iniziò nel 1877 e portò a termine in quattro anni, con instancabile impegno ove si pensi alla vastità della archidiocesi e alla difficoltà dei mezzi di comunicazione. Man mano che si rese conto della situazione provvide a organizzare ritiri spirituali e incontri di studio per i sacerdoti; l'istruzione religiosa popolare per la quale fece pubblicare uno speciale catechismo, dando l'incarico di ispettore al can. Annibale M. Di Francia che gli fu sempre affettuosamente vicino: la fondazione di convitti, istituti, associazioni per ragazzi e giovani.
Per i giovani appunto chiese a don Bosco, con il quale ebbe sempre cordiali rapporti, l'invio dei suoi Salesiani a Messina, ottenendoli però solo nel 1893 dal successore don Rua.
Reggerà per ben 22 anni questa insigne Arcidiocesi e, dal 1883, anche con il titolo Archimandritale del SS. Salvatore, continuando a distinguersi per la sua instancabile attività.
A lui, in particolare, si debbono la riorganizzazione del Seminario e la fattiva e benemerita presenza di religiose e religiosi chiamati a portare la loro collaborazione: Gesuiti, Carmelitani, Piccole Sorelle dei Poveri, Figlie della Carità, Salesiani, Figlie di Maria Ausiliatrice, Figlie di Sant'Anna, nonché l'incoraggiamento e l'aiuto affettuoso al Beato Annibale M. Di Francia, fondatore dei Rogazionisti e delle Figlie del Divino Zelo.
Inoltre fondò egli stesso una nuova famiglia religiosa: le Piccole Serve - oggi Apostole - della Sacra Famiglia, affidando loro la missione di operare per la crescita e la maturazione religiosa e sociale delle giovani e per la promozione integrale della famiglia. Queste religiose nel 1890 già operano a Messina facendo "un gran bene alla gioventù femminile con le scuole e con il convitto".
Ma soprattutto si distinse per la carità operosa che, del resto, l'aveva sempre caratterizzato e che toccò i vertici dell'eroismo in occasione delle epidemie di vaiolo e di colera che colpirono il capoluogo siculo tra il 1885 ed il 1887.
In quei frangenti il suo operato venne esaltato anche dalla stampa anticattolica ed il governo gli conferì la medaglia d'argento al valor civile che il Servo di Dio volle però vendere a beneficio dei poveri, ai quali aveva già distribuito il suo patrimonio. In occasione poi del terremoto che sconvolse Messina nel novembre 1894 giunse ad offrire a Dio la propria vita perché fossero limitati danni e vittime.
Nel frattempo, e precisamente nel Concistoro del 18 gennaio 1893, fu creato cardinale da Leone XIII ed anche in quell'occasione i giornali "radicali" e "liberali" vollero associarsi al giubilo dei fedeli, scrivendo che "l'altissima onorificenza toccata a Mons. Guarino ... è ricompensa, non chiesta ma meritata per le sue opere buone".
Ma tanta abnegazione, tanto lavoro compiuto per alleviare ogni sofferenza minarono seriamente la salute del Servo di Dio che, nel febbraio 1895, fu colpito da doppio colpo apoplettico. Le sue grandi sofferenze non gli impedirono tuttavia di continuare ad esercitare sino all'ultimo e con la consueta dedizione, il suo ministero.
Morì a Messina la sera del 21 settembre 1897, dopo aver avuto la gioia di presenziare, pochi mesi prima, alle celebrazioni del suo giubileo episcopale, le quali rivelarono quanto fosse sinceramente rato e amato da tutti.
Nel discorso funebre, pronunciato in Duomo tre giorni dopo, il beato Annibale M. Di Francia così ne compendiò l'operato: "Tutto in quell'uomo è degno di memoria. La sua persona, il suo discorso, il suo sguardo vivo e penetrante, le sue facezie, i suoi sani consigli, le sue grandi pene morali, le vicende tutte dell'Episcopato, le sue molte relazioni coi più grandi personaggi, la sua pietà, il suo forte e tenero attaccamento al Sommo Pontefice, il suo ardente zelo per la Santa Chiesa, della cui libertà era così geloso da ripetere più volte che volentieri avrebbe subito il martirio per la santa causa: tutto, tutto, in Guarino è degno di indelebile ricordanza".
Le suore Apostole della S. Famiglia hanno ora ottenuto di collocare i resti mortali del card. Guarino in un artistico sarcofago situato nella cappella dell'Istituto Leone XIII, loro Casa Madre. Ma il loro desiderio va al di là di questo segno della loro pietà filiale.
I LUOGHI
"Esercitatevi nelle sante virtù. Mettete a base una umiltà profonda nella piena conoscenza della vostra miseria, nella quale conoscenzaconsiste l’umiltà che da s. Francesco di Sales fu chiamata « verità »."
Ma la prova più alta della sua paternità spirituale si ebbe durante il colera, che a cominciare dall'agosto del 1887 afflisse Messina con parecchie migliaia di morti. L'Osservatore Romano del 18 settembre riferiva in sintesi le notizie ricevute da Messina con queste parole "I giornali liberali scrivono elogiando quell'arcivescovo per la carità e lo zelo da lui spiegati, manifestatesi il brutto morbo in quella città. È ammirevole l'opera cristiana che compie questo santo pastore della Chiesa.