Musica ed educazione

Cancelli di mezzanotte (Chiello & Rkomi) di Giuseppe D’Urso

Molte volte nella vita mi hanno detto e mi sono detto “devi imparare a saper lasciare andare certe persone”, ma in fondo, cosa vuol dire realmente lasciare andare qualcuno?

È come quando aspetti così tanto qualcuno che arriva sempre in ritardo; arriverà il momento in cui, stanco di aspettare, dovrai affrontare questo demone, perché, in fondo, la vita è una perenne guerra fra noi stessi, in cui bisogna salire sul nostro cavallo bianco e affrontare ogni nostro demone un passo alla volta.

Il lasciare andare inevitabilmente crea delle sensazioni di vuoto e nostalgia, tutte quelle parole non dette, tutte quelle canzoni non scritte, tutte quelle volte in cui bastava guardare negli occhi quella persona per “saziarsi” da ogni altra mancanza.

Ed è così che iniziano ad aprirsi i “cancelli di mezzanotte” ovvero l’alba di un nuovo giorno in cui però, l’inizio è sempre buio, poiché la mancanza di quella persona è pesante, è buia, ci si sente soli nei luoghi più bui del nostro io, nel buio delle tenebre della nostra anima, come se il motore del nostro corpo si fosse spento tutto a un tratto, come se si fosse orfano del battito irrefrenabile del proprio cuore. Perché il succo della nostra follia, la benzina che alimentava quel motore si è esaurita.

Spesso il lasciare andare qualcuno può fare tanto male, può lasciare una ferita che può distruggerti e che da dentro può creare in te una sorta di processo di autodistruzione, però ci scordiamo che in fondo non tutto è sempre perduto, dipende dalla prospettiva che si ha delle cose. In una ferita la gente non ci vede mai niente di buono, solo cose dolorose però ci scordiamo che anche nelle cose più negative c’è un qualcosa di positivo, le ferite, per esempio, possano tramutarsi in delle feritoie, ovvero degli spiragli tramite i quali passa la luce, una luce che sarebbe capace di curare qualsiasi ferita, anche la più profonda.

Pillola di Fede: Quando si parla di ferite che si trasformano in feritoie non posso che non pensare a Gesù quando mostra le sue ferite ai discepoli riuniti. Anche lui “spalanca” i “cancelli di mezzanotte”; porta un nuovo giorno nella vita di ciascuno, un giorno che non cancella le ferite, infatti esse rimangono nel copro di Gesù risorto; ma un giorno che accoglie quelle ferite come una rinascita, una risurrezione appunto che passa anche da quelle ferite. Ma quanto è difficile risorgere? Quanto è difficile andare oltre quei cancelli e godersi una nuova e bellissima alba?

Giuseppe D’Urso – Marsala