Sisami Dicembre 2015

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S ic ilia S a le si ana Mi ssi o nari a Anno XXXV Numero speciale - Dicembre 2015

Con i giovani e per i giovani


Un anno di grazia Cari amici vicini e lontani, è difficile poter riportare per iscritto quanto vissuto in questo anno di grazia: è stato un tempo segnato dal passaggio del Dio della vita nella quotidianità delle nostre esistenze. Il primo pensiero non può non andare alle celebrazioni del Bicentenario della nascita di nostro padre Don Bosco: sono stati tanti i momenti e le occasioni per ringraziare il Signore per questo inossidabile dono che ha fatto alla Chiesa intera. Porto ancora nei miei occhi e nel mio cuore, in maniera indelebile, le giornate vissute a Torino in due occasioni. 21 giugno: Papa Francesco davanti alla Basilica di Maria Ausiliatrice

La prima è stata il pellegrinaggio di Famiglia Salesiana di Sicilia del 19-21 giugno, dove abbiamo avuto la gioia non solo di visitare i luoghi di don Bosco e l’ostensione della Sindone, ma anche di partecipare alla messa con Papa Francesco a piazza Vittorio il 21 giugno e di seguito di essere presenti alla visita che il vescovo di Roma ha fatto alla Basilica di Maria Ausiliatrice, testimoniando un affetto ed una riconoscenza nei confronti di don Bosco e dei salesiani che lo hanno formato negli anni della sua giovinezza in Argentina. La seconda è stata in occasione del “SYM Don Bosco 2015”, che ha visto raccolti più di cinquemila persone provenienti da 54 paesi diversi del mondo, un evento di grazia sovrabbondante che mi ha fatto riflettere in maniera particolare su tre punti. Il primo – e forse il più scontato – è stato notare l’affetto, la simpatia e la gratitudine che Don Bosco è ancora capace di suscitare con il suo carisma, che continua ad incarnarsi tramite l’apostolato e l’esempio di santità della sua Famiglia Salesiana. Il secondo è stato vedere quella folla colorata ed ordinata che componeva l’assemblea della Celebrazione eucaristica del 16 agosto: “ecco un segno concreto e tangibile di cosa sia la Pentecoste” – mi sono detto tra me e me, ringraziando il Signore di poter essere testimone di questa meraviglia. La terza considerazione, legata alle precedenti, riguarda la consapevolezza che possiamo avere davanti all’esperienza di fede di Don Bosco. Mi sono chiesto se stavamo celebrando il nostro amato padre o le meraviglie che il Signore ha compiuto in lui tramite i suoi “sì”, spesso detti a denti stretti tra le tante e pesanti 2

di don Luigi difficoltà che lo attanagliavano. Di fatto, da un primo “sì” detto da un pastorello di una borgata sperduta del Piemonte, il Signore ha tratto uno splendido disegno di salvezza per una quantità sterminata di giovani di tutto il mondo. Il regalo più bello, che ritengo che il Signore ci abbia fatto in questo Bicentenario, è l’accoglienza di minori stranieri non accompagnati provenienti dai vari sbarchi a Catania. Già nello scorso numero vi abbiamo presentato il progetto “Don Bosco Island” che come Famiglia Salesiana di Sicilia abbiamo messo in porto: ora il progetto ha preso concretamente vita dopo una serie di primissime accoglienze in fase di emergenza vissute nel periodo estivo e che ci hanno permesso di fare un po’ di rodaggio dal punto di vista organizzativo. Ormai da più di un mese, nel momento in cui vi scrivo, la struttura della Plaia accoglie in maniera continua e stabile minori dando loro la possibilità di riprendere contatto con un mondo più sereno ed accogliente rispetto a quello che hanno vissuto fino a quel momento. Ho avuto personalmente diverse volte l’occasione di raccogliere la stima e l’apprezzamento da parte di vari fronti istituzionali statali non tanto per quello che stiamo facendo, quanto per come lo stiamo facendo. E dentro di me pensavo: “Per noi sono figli di Dio…”. Se da un punto di vista umano questi flussi migratori possono essere visti come un problema da risolvere o contrastare, per noi cristiani sono un’occasione che il Signore ci dona per risvegliarci dal nostro torpore spirituale e comunitario. Specialmente alle porte di questo Anno Santo dedicato alla Misericordia e così fortemente voluto da Papa Francesco, in cui abbiamo la possibilità di accostarci a questa parte di umanità sofferente per essere testimoni credibili della nostra esperienza di misericordia di Dio nei nostri confronti. 21 giugno: Papa Francesco dentro la Basilica di Maria Ausiliatrice

Infine, un altro motivo di ringraziamento è la splendida ricorrenza dei 100 anni di don Gaetano Nicosia il 3 aprile di quest’anno. Missionario da lungo tempo in Cina è chiamato dai cinesi con il titolo di “angelo dei lebbrosi”: all’interno di questo numero trovate riportato un articolo apparso sulla rivista “Oggi” che


Torino: Pala Ruffini, luogo del SYM Don Bosco 2015

parla appunto del nostro caro confratello (anche se con qualche imprecisione). Abbiamo voluto corredare l’articolo con alcune foto davvero significative che vedono il nostro missionario accompagnato dal Cardinale emerito di Hong Kong Joseph Zen all’udienza con Papa Francesco il 13 maggio di quest’anno. Così come è da segnalare che il 15 settembre è stato presentato in anteprima alla comunità salesiana di Hong Kong un documentario sulla vita di don Nicosia realizzato dai due suoi cari amici, Ciriaco Offeddu e Angelo Paratico, finanziato da una raccolta fondi e realizzato in due anni. Sarà presentato al pubblico nel mese di novembre. Non possiamo che essere fieri ed orgogliosi per questo frutto di santità dalle radici siciliane. Tra gli altri articoli troverete un resoconto conclusivo della esperienza di Casa Don Bosco ad EXPO 2015: un evento ed un contesto un po’ particolare in cui trovare il volto sorridente del nostro santo, ma che ha dato la possibilità di affrontare il tema di EXPO a partire dalla prospettiva educativa che tocca l’uomo nella sua interezza. Così come ci ricorda proprio don Bosco: “Volete fare una cosa buona? Educate la gioventù! Volete fare una cosa santa? Educate la gioventù! Volete fare una cosa santissima? Educate la gioventù! Volete fare una cosa divina? Educate la gioventù! Anzi; tra le cose divine, è divinissima!” (M. B. XIII,629) Dulcis in fundo, rimane da ricordare un’ultima ricorrenza che tocca tutti noi: i 35 anni di vita del nostro SiSaMi.

È un bel traguardo che merita di essere festeggiato, anche perché rimane l’unica rivista di animazione missionaria salesiana rimasta tra le ispettorie italiane. Colle Don Bosco: Messa del 16 agosto

Abbiamo scelto di digitalizzare l’archivio, in modo da poterlo mettere a disposizione di chiunque ne faccia richiesta: è importante andare a (ri)scorpire le radici della nostra storia missionaria per capire perché e per Chi ancora oggi decidiamo di dedicarci a questo compito così difficile, ma appassionante. A tal proposito, abbiamo deciso di creare una nuova rubrica dal titolo “Per non dimenticare” che ospiterà alcuni articoli sugli inizi della nostra missione in Madagascar: un grazie di tutto cuore va a Pippo Formisano per la sua passione ed il suo zelo speso per il Regno di Dio. Che il Signore possa inondare i nostri cuori dello stesso Spirito che animò gli Apostoli nella Pentecoste e che li spinse ad annunciare il Vangelo fino agli estremi confini del mondo. 3


Messaggio del Santo Padre Francesco per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2016 - 17 Gennaio 2016

“Migranti e rifugiati ci interpellano. La risposta del Vangelo della misericordia” Cari fratelli e sorelle! Nella bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia ho ricordato che “ci sono momenti nei quali in modo ancora più forte siamo chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del Padre” (Misericordiae Vultus, 3). L’amore di Dio, infatti, intende raggiungere tutti e ciascuno, trasformando coloro che accolgono l’abbraccio del Padre in altrettante braccia che si aprono e si stringono perché chiunque sappia di essere amato come figlio e si senta “a casa” nell’unica famiglia umana. In tal modo, la premura paterna di Dio è sollecita verso tutti, come fa il pastore con il gregge, ma è particolarmente sensibile alle necessità della pecora ferita, stanca o malata. Gesù Cristo ci ha parlato così del Padre, per dire che Egli si china sull’uomo piagato dalla miseria fisica o morale e, quanto più si aggravano le sue condizioni, tanto più si rivela l’efficacia della divina misericordia. Nella nostra epoca, i flussi migratori sono in continuo aumento in ogni area del pianeta: profughi e persone in fuga dalle loro patrie interpellano i singoli e le collettività, sfidando il tradizionale modo di vivere e, talvolta, sconvolgendo l’orizzonte culturale e sociale con cui vengono a confronto. Sempre più spesso le vittime della violenza e della povertà, abbandonando le loro terre d’origine, subiscono l’oltraggio dei trafficanti di persone umane nel viaggio verso il sogno di un futuro migliore. Se, poi, sopravvivono agli abusi e alle avversità, devono fare i conti con realtà dove si annidano sospetti e paure. Non di rado, infine, incontrano la carenza di normative chiare e praticabili, che regolino l’accoglienza e prevedano itinerari di integrazione a breve e a 4

lungo termine, con attenzione ai diritti e ai doveri di tutti. Più che in tempi passati, oggi il Vangelo della misericordia scuote le coscienze, impedisce che ci si abitui alla sofferenza dell’altro e indica vie di risposta che si radicano nelle virtù teologali della fede, della speranza e della carità, declinandosi nelle opere di misericordia spirituale e corporale. Sulla base di questa constatazione ho voluto che la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato del 2016 fosse dedicata al tema: “Migranti e rifugiati ci interpellano. La risposta del Vangelo della misericordia”. I flussi migratori sono ormai una realtà strutturale e la prima questione che si impone riguarda il superamento della fase di emergenza per dare spazio a programmi che tengano conto delle cause delle migrazioni, dei cambiamenti che si producono e delle conseguenze che imprimono volti nuovi alle società e ai popoli. Ogni giorno, però, le storie drammatiche di milioni di uomini e donne interpellano la Comunità internazionale, di fronte all’insorgere di inaccettabili crisi umanitarie in molte zone del mondo. L’indifferenza e il silenzio aprono la strada alla complicità quando assistiamo come spettatori alle morti per soffocamento, stenti, violenze e naufragi. Di grandi o piccole dimensioni, sono sempre tragedie quando si perde anche una sola vita umana. I migranti sono nostri fratelli e sorelle che cercano una vita migliore lontano dalla povertà, dalla fame, dallo sfruttamento e dall’ingiusta distribuzione delle risorse del pianeta, che equamente dovrebbero essere divise tra tutti. Non è forse desiderio di ciascuno quello di migliorare le proprie condizioni di vita e ottenere un onesto e legittimo benessere da condividere con i propri cari?

In questo momento della storia dell’umanità, fortemente segnato dalle migrazioni, quella dell’identità non è una questione di secondaria importanza. Chi emigra, infatti, è costretto a modificare taluni aspetti che definiscono la propria persona e, anche se non lo vuole, forza al cambiamento anche chi lo accoglie. Come vivere queste mutazioni, affinché non diventino ostacolo all’autentico sviluppo, ma siano opportunità per un’autentica crescita umana, sociale e spirituale, rispettando e promuovendo quei valori che rendono l’uomo sempre più uomo nel giusto rapporto con Dio, con gli altri e con il creato? Di fatto, la presenza dei migranti e dei rifugiati interpella seriamente le diverse società che li accolgono. Esse devono far fronte a fatti nuovi che possono rivelarsi improvvidi se non sono adeguatamente motivati, gestiti e regolati. Come fare in modo che l’integrazione diventi vicendevole arricchimento, apra positivi percorsi alle comunità e prevenga il rischio della discriminazione, del razzismo, del nazionalismo estremo o della xenofobia? La rivelazione biblica incoraggia l’accoglienza dello straniero, motivandola con la certezza che così facendo si aprono le porte a Dio e nel volto dell’altro si manifestano i tratti di Gesù Cristo. Molte istituzioni, associazioni, movimenti, gruppi impegnati, organismi diocesani, nazionali e internazionali sperimentano lo stupore e la gioia della festa dell’incontro, dello scambio e della solidarietà. Essi hanno riconosciuto la voce di Gesù Cristo: «Ecco, sto alla porta e busso» (Ap 3,20). Eppure non cessano di moltiplicarsi anche i dibattiti sulle condizioni e sui limiti da porre all’accoglienza, non solo nelle politiche degli Stati, ma anche in alcune


comunità parrocchiali che vedono minacciata la tranquillità tradizionale. Di fronte a tali questioni, come può agire la Chiesa se non ispirandosi all’esempio e alle parole di Gesù Cristo? La risposta del Vangelo è la misericordia. In primo luogo, essa è dono di Dio Padre rivelato nel Figlio: la misericordia ricevuta da Dio, infatti, suscita sentimenti di gioiosa gratitudine per la speranza che ci ha aperto il mistero della redenzione nel sangue di Cristo. Essa, poi, alimenta e irrobustisce la solidarietà verso il prossimo come esigenza di risposta all’amore gratuito di Dio, «che è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo» (Rm 5,5).

particolar modo quando assumono responsabilmente dei doveri nei confronti di chi li accoglie, rispettando con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del Paese che li ospita, obbedendo alle sue leggi e contribuendo ai suoi oneri. Comunque non si possono ridurre le migrazioni alla dimensione politica e normativa, ai risvolti economici e alla mera compresenza di culture differenti sul medesimo territorio. Questi aspetti sono complementari alla difesa e alla promozione della persona umana, alla cultura dell’incontro dei popoli e dell’unità, dove il Vangelo della misericordia ispira e incoraggia itinerari che rinnovano e trasformano l’intera umanità.

Del resto, ognuno di noi è responsabile del suo vicino: siamo custodi dei nostri fratelli e sorelle, ovunque essi vivano. La cura di buoni contatti personali e la capacità di superare pregiudizi e paure sono ingredienti essenziali per coltivare la cultura dell’incontro, dove si è disposti non solo a dare, ma anche a ricevere dagli altri. L’ospitalità, infatti, vive del dare e del ricevere. In questa prospettiva, è importante guardare ai migranti non soltanto in base alla loro condizione di regolarità o di irregolarità, ma soprattutto come persone che, tutelate nella loro dignità, possono contribuire al benessere e al progresso di tutti, in

La Chiesa affianca tutti coloro che si sforzano per difendere il diritto di ciascuno a vivere con dignità, anzitutto esercitando il diritto a non emigrare per contribuire allo sviluppo del Paese d’origine. Questo processo dovrebbe includere, nel suo primo livello, la necessità di aiutare i Paesi da cui partono migranti e profughi. Così si conferma che la solidarietà, la cooperazione, l’interdipendenza internazionale e l’equa distribuzione dei beni della terra sono elementi fondamentali per operare in profondità e con incisività soprattutto nelle aree di partenza dei flussi migratori, affinché cessino quegli scompensi che inducono le persone, in forma individuale o collettiva, ad

abbandonare il proprio ambiente naturale e culturale. In ogni caso, è necessario scongiurare, possibilmente già sul nascere, le fughe dei profughi e gli esodi dettati dalla povertà, dalla violenza e dalle persecuzioni. Su questo è indispensabile che l’opinione pubblica sia informata in modo corretto, anche per prevenire ingiustificate paure e speculazioni sulla pelle dei migranti. Nessuno può fingere di non sentirsi interpellato dalle nuove forme di schiavitù gestite da organizzazioni criminali che vendono e comprano uomini, donne e bambini come lavoratori forzati nell’edilizia, nell’agricoltura, nella pesca o in altri ambiti di mercato. Quanti minori sono tutt’oggi costretti ad arruolarsi nelle milizie che li trasformano in bambini soldato! Quante persone sono vittime del traffico d’organi, della mendicità forzata e dello sfruttamento sessuale! Da questi aberranti crimini fuggono i profughi del nostro tempo, che interpellano la Chiesa e la comunità umana affinché anch’essi, nella mano tesa di chi li accoglie, possano vedere il volto del Signore «Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione» (2 Cor 1,3). Cari fratelli e sorelle migranti e rifugiati! Alla radice del Vangelo della misericordia l’incontro e l’accoglienza dell’altro si intrecciano con l’incontro e l’accoglienza di Dio: accogliere l’altro è accogliere Dio in persona! Non lasciatevi rubare la speranza e la gioia di vivere che scaturiscono dall’esperienza della misericordia di Dio, che si manifesta nelle persone che incontrate lungo i vostri sentieri! Vi affido alla Vergine Maria, Madre dei migranti e dei rifugiati, e a san Giuseppe, che hanno vissuto l’amarezza dell’emigrazione in Egitto. Alla loro intercessione affido anche coloro che dedicano energie, tempo e risorse alla cura, sia pastorale che sociale, delle migrazioni. Su tutti imparto di cuore la Benedizione Apostolica. Dal Vaticano, 12 settembre 2015 Memoria del Santissimo Nome di Maria FRANCESCO 5


DIREZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO Via della Pisana 1111 - 00163 Roma Il Rettor Maggiore Prot. 15/0385 Alla attenzione degli Ispettori Ispettorie d’EUROPA Miei cari Ispettori, ricevete il mio cordiale e affettuoso saluto dall’Argentina, dove per tre giorni abbiamo avuto una meravigliosa celebrazione del bicentenario della nascita di Don Bosco, con più di sette mila giovani. Domenica pomeriggio il mio Vicario, Don Francesco Cereda, mi ha informato di ciò che il Papa Francesco aveva detto all’Angelus in riferimento agli immigrati in Europa e al suo appello alla fraternità, solidarietà e accoglienza. Abbiamo dialogato insieme e credo che è un momento opportuno per offrire da parte nostra ciò che si può fare. Certamente stiamo vivendo ormai da tempo, e in questi giorni in modo più drammatico, l’immane tragedia dei profughi e degli immigrati che a migliaia fuggono dai loro paesi per la guerra, le distruzioni, la fame, le persecuzioni e approdano in Europa, esponendosi a gravi pericoli per le attraversate del mare e per i ricatti degli scafisti. Vi giungono con la speranza di poter trovare pace e serenità, di iniziare una vita nuova, di trovare 6

alloggio e lavoro; e tante volte non trovano condizioni di accoglienza, se non anche rifiuto. Di fronte a tanta tragedia non possiamo rimanere indifferenti a tante necessità. Papa Francesco all’Angelus ha lanciato un forte appello, rivolgendosi all’Europa: “Di fronte alla tragedia di decine di migliaia di profughi che fuggono dalla morte per la guerra e per la fame, e sono in cammino verso una speranza di vita, il Vangelo ci chiama, ci chiede di essere “prossimi”, dei più piccoli e abbandonati. A dare loro una speranza concreta. Non soltanto dire: “Coraggio, pazienza!...”. La speranza cristiana è combattiva, con la tenacia di chi va verso una meta sicura. Pertanto, in prossimità del Giubileo della Misericordia, rivolgo un appello alle parrocchie, alle comunità religiose, ai monasteri e ai santuari di tutta Europa ad esprimere la concretezza del Vangelo e accogliere una famiglia di profughi. Un gesto concreto in preparazione all’Anno Santo della Misericordia. Ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario d’Europa ospiti una famiglia, incominciando dalla mia diocesi di Roma. Mi rivolgo ai miei fratelli Vescovi d’Europa, veri pastori, perché nelle loro diocesi sostengano questo mio appello, ricordando che Misericordia è il secondo nome dell’Amore: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25,40)”.

Anch’ io mi rivolgo a voi Ispettori, per chiedervi con il carattere di urgenza che valutate, magari con i vostri consigli, ciò che ogni ispettoria può fare e ciò che si può chiedere a ogni comunità e parrocchia, perché siano disponibili ad accogliere nelle nostre opere famiglie di migranti; in particolare prestiamo attenzione ai minori non accompagnati e ai giovani. Ospitiamo anche una sola famiglia, quattro o cinque persone; con il poco di tutti, faremo tanto, anche in collaborazione con le chiese locali e il territorio. Don Bosco, di cui abbiamo appena concluso il bicentenario della nascita, ci insegna la concretezza delle risposte. Questo ci ha anche ricordato il Papa Francesco nella visita a Valdocco dello scorso 21 giugno: “Vi ringrazio della vostra concretezza delle cose … Il salesiano è concreto, vede il problema, ci pensa e lo prende in mano”.

In nome della carità e fraternità evangelica, come risposta alla chiamata del Signore e al grido del Papa Francesco, vi ringrazio per la generosità con cui mobiliterete tutte le risorse possibili in favore di chi con urgenza ci rivolge un appello pressante. Inoltre vi ringrazio se mi farete sapere ciò che è stato stabilito in ogni Ispettoria, quando giungerete a realizzazioni concrete e tempestive. Un fraterno abbraccio con affetto P. Ángel Fernández A.,SDB


Corso di alta formazione VIS

di Gianmarco Schiesaro

Responsabile Scuola di Formazione VIS

Al mattino di lunedì 25 maggio, negli spazi verdi di fronte alla spiaggia dell’ex colonia Don Bosco di Catania, si poteva notare un’insolita animazione, fatta di giovani e meno giovani che provenivano da diversi luoghi della Sicilia, anche se qualcuno di loro aveva fatto un viaggio ancora più lungo, venendo dall’Italia Meridionale o addirittura, nel caso di alcuni giovani più audaci, direttamente dall’Africa con tanto di viaggio aereo. Il calore incombente della primavera catanese poteva far pensare a un anticipo d’estate, magari all’intenzione di una mattinata spesa in allegria sulla spiaggia: in realtà il denominatore comune della presenza di tanti giovani è stato la partecipazione al primo corso “Mediazione Interculturale e Gestione dei Servizi per l’Immigrazione”, promosso dalle realtà salesiane che, in questo momento, si stanno facendo carico dell’accoglienza dei fratelli migranti sbarcati sulle coste della Sicilia e che fanno capo alla neocostituita associazione Don Bosco Island: VIS, SCS, VIDES, Metacometa, Don Bosco 2000. La formula scelta è stata quella seminariale, con una settimana intensiva (da lunedì 25 maggio a venerdì 29 maggio) fatta di formazione, riflessione, coinvolgimento in laboratori e condivisione di vita: qualcosa di più, dunque di un semplice corso di formazione, piuttosto un percorso strutturato di conoscenza e collaborazione tra quanti, in Sicilia, si occupano a vario titolo di immigrazione. È significativa, la scelta, quale sede di questa esperienza, del Centro Don Bosco La Playa, destinato all’accoglienza di migranti e a diventare cittadella dell’integrazione e della promozione multiculturale. Così, negli stessi luoghi che domani accoglieranno tante persone in cerca di un’esistenza più dignitosa, già oggi si possono preparare coloro che li accoglieranno: i cosiddetti “mediatori interculturali”, anche se il termine ci appare oggi

desueto e inadeguato. Sono tanti e professionalmente diversi coloro che sono coinvolti nelle dinamiche migratorie e a cui è affidato il compito di dialogare con la società civile, con i servizi pubblici e con il mondo del lavoro, in un’ottica di integrazione e di proficua collaborazione. Se, in un primo momento, il corso di Catania era stato pensato per la formazione dei mediatori interculturali della rete Don Bosco Island, è parso ben presto chiaro che le tematiche proposte nella

formazione suscitavano l’interesse anche di educatori, assistenti sociali, legali, orientatori professionali, impiegati delle pubbliche amministrazioni, persone impegnate nei servizi amministrativi che svolgono mansioni a diretto contatto con il pubblico (anagrafe, servizi comunali, sportelli CAF, centri di ascolto e di orientamento) nonché operatori sanitari e scolastici. Insomma, il corso seminariale aveva le carte in regola per soddisfare la richiesta di professionalità e di aggiornamento

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di tutti coloro che, nella loro pratica quotidiana di lavoro, si devono confrontare con le mille facce dell’immigrazione. Se per l’opinione pubblica, che guarda alle vicende dell’immigrazione con occhi distratti e superficiali, l’accoglienza può ridursi a un problema di spazi da reperire e di strutture da approntare, per chi lavora nel settore, anche solo con la passione e il cuore del volontario, è lampante che l’accoglienza reale si costruisca nella relazione e nello scambio culturale. Soltanto chi si sente pienamente compreso e riconosciuto nella sua identità, nella sua lingua, nel suo complesso di cultura e tradizioni, può sentirsi pienamente accolto e può sperare di integrarsi nella società di destinazione, costruendo un progetto migratorio. Per questo motivo i primi ad essere impiegati nell’accoglienza sono stati tradizionalmente mediatori che condividevano spesso la cultura del migrante, magari immigrati di seconda generazione o migranti ormai inseriti nella nostra società: riempie di gioia aver visto a Catania, tra i partecipanti alla settimana di formazione, alcuni giovani che qualche anno fa sono sbarcati sulle nostre coste da

imbarcazioni di fortuna, hanno conosciuto l’esperienza dura dei Centri di Identificazione ed Espulsione, hanno avuto poi la fortuna di sperimentare in seguito un’accoglienza diversa, magari in una comunità “diffusa” secondo un modello che caratterizza tante realtà salesiane della Sicilia: oggi quegli stessi giovani desiderano sostenere i loro fratelli migranti, e non hanno il timore di mettersi in gioco e di studiare, dotandosi di tutti gli strumenti culturali, legali, educativi del caso. Questi giovani sono stati una presenza arricchente del corso e, insieme ad altri operatori dei servizi dell’immigrazione, hanno costituito un gruppo di più di 50 partecipanti alla settimana di formazione di Catania: insieme hanno affrontato con docenti preparati temi estremamente interessanti e variegati: la comunicazione interculturale, prima di tutto, grazie ai coinvolgenti laboratori di Maria Cristina Ranuzzi, docente di Intercultura del VIS, e la testimonianza di Kaha Mohamed Aden, immigrata somala italiana da ormai molti anni, con una storia personale ricca e avvincente; il tema del rapporto tra migrazioni e cooperazione

(con Nico Lotta e Agostino Sella del VIS); il tema innovativo della mediazione umanistica, presentato da Maria Pia Giuffrida e Ornella Di Loreto. Non si possono naturalmente menzionare tutti i docenti coinvolti, che hanno affrontato anche i temi classici della normativa legata all’immigrazione e delle procedure con cui impostare un proficuo lavoro sociale con i migranti: è doveroso però sottolineare come la stragrande maggioranza dei formatori provenisse dalla regione siciliana, anche da istituzioni e uffici legati al territorio (un esempio tra tutti: la Casa dei Popoli del comune di Catania). Con loro si è creata una vera e propria rete di conoscenza, esperienze e desideri di collaborazione, foriera senz’altro di sviluppi positivi e magari di iniziative più strutturate nei prossimi mesi, nella speranza di superare l’inefficacia di strategie improntate alla spontaneità e all’improvvisazione. E a riprova del fatto che il vero deposito di energie, passione, competenza è già presente nella regione Sicilia e non ha bisogno di “importazioni” da altre regioni italiane: ai salesiani è spettato, né più né meno, che il compito di innescarle.

CENTRO ISPETTORIALE MISSIONI SALESIANE - Via Cifali, 7 - 95123 CATANIA Tel. 095. 7285113 – email: missionisiciliasdb@gmail.com - CCP 1024614669 Cari amici, benefattori e sostenitori delle missioni salesiane, così come vi preannunciavo nel numero precedente, abbiamo provveduto a regolarizzare gli opportuni aggiustamenti amministrativi. Di seguito trovate le indicazioni per sostenere le nostre missioni.

1. Conto Corrente Bancario Rimane quello segnalato la volta scorsa.

CREDITO SICILIANO Centro Ispettoriale Missioni Salesiane IBAN: IT90X0301916906000008006442

2. Nuovo Conto Corrente Postale

Così come avvenuto per comunicazione a tutti coloro che hanno fatto dei versamenti tramite Posta, ecco 8

il nuovo numero di Conto Corrente:

1024614669

intestato a Centro Ispettoriale Missioni Salesiane

3. Intestazione Assegni

Per tutti coloro che desiderano contribuire al sostegno delle nostre missioni tramite assegno bancario, al fine di evitare problemi di riscossione da parte degli istituti di credito, ricordo che l’intestazione deve recare questa esatta dicitura, e non altre: CENTRO ISPETTORIALE MISSIONI SALESIANE.

4. Detrazioni Fiscali

Per coloro che richiedono la detrazione fiscale trascrivo di seguito quanto riportato nella “Guida alla nuova legge sulle donazioni per le

Persone Fisiche” per le modalità di erogazione delle detrazioni fiscali. «Per le erogazioni in denaro devono essere utilizzati gli strumenti volti a fornire la rintracciabilità per l’amministrazione finanziaria della donazione effettuata. Nello specifico si richiede che i versamenti siano effettuati esclusivamente utilizzando uno dei seguenti sistemi o intermediari di pagamento: · Banca, · Ufficio postale, · Sistemi di pagamento previsti dall’art. 23 del Decreto Legislativo 9/7/1997 n° 241, e cioè carte di debito, carte di credito, carte prepagate, assegni bancari e circolari. In ragione di tale logica cautelativa sono certamente da escludersi – dalla deducibilità – le donazioni di denaro contante». don Luigi Calapaj


Stop Tratta: l’impegno di VIS e Missioni Don Bosco contro il traffico di esseri umani di Agostino Sella Responsabile Settore Migranti VIS

La campagna prevede attività di sensibilizzazione e progetti di sviluppo in loco. Presentato anche il 1° Rapporto sulle migrazioni dall’Africa Sub-Sahariana: un migrante su due, in media non ritiene la morte un rischio della migrazione verso l’Europa Contrastare il traffico di esseri umani attraverso sensibilizzazione e progetti di sviluppo in loco. È questo l’obiettivo della campagna Stop Tratta – Qui si tratta di essere/i umani, ”, realizzata da Missioni Don Bosco e VIS e rivolta a 5 Paesi di origine e transito dell’Africa Sub-Sahariana (Ghana, Senegal, Nigeria, Costa d’Avorio ed Etiopia). Per combattere il traffico di esseri umani finalizzato alla migrazione illegale, Stop Tratta prevede, in primo luogo, la sensibilizzazione dei potenziali migranti sui rischi del viaggio verso l’Europa, dalla detenzione alla morte, fornendo informazioni utili attraverso i social network e contenuti nelle lingue locali per favorire una scelta consapevole. La campagna prevede inoltre progetti di sviluppo orientati a gruppi a rischio di traffico o migrazione irregolare e concepiti sulla base delle esigenze emerse nei singoli Paesi. In Senegal, si punterà al rafforzamento della formazione professionale e dell’inserimento occupazionale a Dakar e Tambacounda; in Ghana saranno sviluppate delle attività formative per le donne e altre nel settore agricolo. In Costa d’Avorio, si prevede il rafforzamento del centro socio-educativo “Villaggio Don Bosco” a Koumassi, nella periferia popolare di Abidjan ed in Etiopia i primi interventi si concentreranno su

borse di studio e programmi di supporto scolastico e nutrizionale per giovani a rischio. Prima della campagna, i volontari del VIS hanno effettuato delle interviste in Ghana, Senegal e Costa d’Avorio che sono confluite nel 1° Rapporto elaborato da VIS e Missioni Don Bosco sulle migrazioni dall’Africa Sub-Sahariana. Dall’analisi dei dati, è emerso che i rischi del viaggio verso l’Europa dividono i potenziali migranti. Solo il 20% dei giovani ghanesi ritiene infatti la morte un pericolo concreto, contro il 63% degli ivoriani e il 50% dei senegalesi. Le interviste, condotte sul campo su un campione in media di circa 500 potenziali migranti per Paese, rivelano inoltre che la maggior parte dei giovani vuole partire per l’Europa per ragioni di studio e lavoro, con una percentuale che si aggira intorno al 60% per tutti e tre i Paesi. “La Chiesa cammina in mezzo ai popoli, nella storia degli uomini e delle donne. Sono parole del Santo Padre che abbiamo fatto nostre – afferma Giampietro Pettenon, presidente di Missioni Don Bosco - e ci hanno spinto a camminare al fianco dei popoli dell’Africa Sub-Sahariana per dire basta alla tratta degli esseri umani e offrire un’alternativa alla migrazione”. “Come ribadito più volte da Papa Francesco, la Chiesa deve sentirsi interpellata nell’emergenza migranti – sottolinea Nico Lotta, presidente del VIS -. Riteniamo che l’accoglienza sia fondamentale, ma altrettanto fondamentale è favorire una scelta consapevole da parte dei potenziali migranti attraverso campagne di informazione e progetti di sviluppo nei Paesi di origine”.

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Messaggio del Santo Padre Francesco per la Giornata Missionaria Mondiale 2015 Cari fratelli e sorelle, la Giornata Missionaria Mondiale 2015 avviene sullo sfondo dell’Anno della Vita Consacrata e ne riceve uno stimolo per la preghiera e la riflessione. Infatti, se ogni battezzato è chiamato a rendere testimonianza al Signore Gesù annunciando la fede ricevuta in dono, questo vale in modo particolare per la persona consacrata, perché tra la vita consacrata e la missione sussiste un forte legame. La sequela di Gesù, che ha determinato il sorgere della vita consacrata nella Chiesa, risponde alla chiamata a prendere la croce e andare dietro a Lui, ad imitare la sua dedicazione al Padre e i suoi gesti di servizio e di amore, a perdere la vita per ritrovarla. E poiché tutta l’esistenza di Cristo ha carattere missionario, gli uomini e le donne che lo seguono più da vicino assumono pienamente questo medesimo carattere. La dimensione missionaria, appartenendo alla natura stessa della Chiesa, è intrinseca anche ad ogni forma di vita consacrata, e non può essere trascurata senza lasciare un vuoto che sfigura il carisma. La missione non è proselitismo o mera strategia; la missione fa parte della “grammatica” della fede, è qualcosa di imprescindibile per chi si pone in ascolto della voce dello Spirito che sussurra “vieni” e “vai”. Chi segue Cristo non può che diventare missionario, e sa che Gesù «cammina con lui, parla con lui, respira con lui. Sente Gesù vivo insieme con lui nel mezzo dell’impegno missionario» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 266). La missione è passione per Gesù Cristo e nello stesso tempo è passione per la gente. Quando sostiamo in preghiera davanti a Gesù crocifisso, riconosciamo la grandezza del suo amore che ci dà dignità e ci sostiene; e nello stesso momento percepiamo che quell’amore che parte dal suo cuore trafitto si estende a tutto il popolo di Dio e all’umanità intera; e proprio così sentiamo anche che Lui vuole servirsi di noi per arrivare sempre più vicino al suo popolo amato (cfr ibid., 268) e a tutti coloro che lo cercano con cuore sincero. Nel comando di Gesù: “andate” sono presenti gli scenari e le sfide sempre nuovi della missione evangelizzatrice della Chiesa. In essa tutti sono chiamati ad annunciare il Vangelo con la testimonianza della vita; e in modo speciale ai consacrati è chiesto di ascoltare la voce dello Spirito che li chiama ad andare verso le grandi periferie della missione, tra le genti a cui non è ancora arrivato il Vangelo. Il cinquantesimo anniversario del Decreto conciliare Ad gentes ci invita a rileggere e meditare questo documento che suscitò un forte slancio missionario negli 10

Istituti di vita consacrata. Nelle comunità contemplative riprese luce ed eloquenza la figura di santa Teresa di Gesù Bambino, patrona delle missioni, quale ispiratrice dell’intimo legame della vita contemplativa con la missione. Per molte congregazioni religiose di vita attiva l’anelito missionario scaturito dal Concilio Vaticano II si attuò con una straordinaria apertura alla missione ad gentes, spesso accompagnata dall’accoglienza di fratelli e sorelle provenienti dalle terre e dalle culture incontrate nell’evangelizzazione, tanto che oggi si può parlare di una diffusa interculturalità nella vita consacrata. Proprio per questo è urgente riproporre l’ideale della missione nel suo centro: Gesù Cristo, e nella sua esigenza: il dono totale di sé all’annuncio del Vangelo. Non vi possono essere compromessi su questo: chi, con la grazia di Dio, accoglie la missione, è chiamato a vivere di missione. Per queste persone, l’annuncio di Cristo, nelle molteplici periferie del mondo, diventa il modo di vivere la sequela di Lui e ricompensa di tante fatiche e privazioni. Ogni tendenza a deflettere da questa vocazione, anche se accompagnata da nobili motivazioni legate alle tante necessità pastorali, ecclesiali o umanitarie, non si accorda con la personale chiamata del Signore a servizio del Vangelo. Negli Istituti missionari i formatori sono chiamati sia ad indicare con chiarezza ed onestà questa prospettiva di vita e di azione, sia ad essere autorevoli nel discernimento di autentiche vocazioni missionarie. Mi rivolgo soprattutto ai giovani, che sono ancora capaci di testimonianze coraggiose e di imprese generose e a volte controcorrente: non lasciatevi rubare il sogno di una missione vera, di una sequela di Gesù che implichi il dono totale di sé. Nel segreto della vostra coscienza, domandatevi quale sia la ragione per cui avete scelto la vita religiosa missionaria e misurate la disponibilità ad accettarla per quello che è: un dono d’amore al servizio dell’annuncio del Vangelo, ricordando che, prima di essere un bisogno per coloro che non lo conoscono, l’annuncio del Vangelo è una necessità per chi ama il Maestro. Oggi, la missione è posta di fronte alla sfida di rispettare il bisogno di tutti i popoli di ripartire dalle proprie radici e di salvaguardare i valori delle rispettive culture. Si tratta di conoscere e rispettare altre tradizioni e sistemi filosofici e riconoscere ad ogni popolo e cultura il diritto di farsi aiutare dalla propria tradizione nell’intelligenza del mistero di Dio e nell’accoglienza del Vangelo di Gesù, che è luce per le culture e forza trasformante delle medesime. All’interno di questa complessa dinamica, ci poniamo l’interrogativo: “Chi sono i destinatari privilegiati


e sorelle che desiderano condividere la vocazione missionaria insita nel Battesimo. Le case e le strutture delle missioni sono luoghi naturali per la loro accoglienza e il loro sostegno umano, spirituale ed apostolico. Le Istituzioni e le Opere missionarie della Chiesa sono totalmente poste al servizio di coloro che non conoscono il Vangelo di Gesù. Per realizzare efficacemente questo scopo, esse hanno bisogno dei carismi e dell’impegno missionario dei consacrati, ma anche i consacrati hanno bisogno di una struttura di servizio, espressione della sollecitudine del Vescovo di Roma per garantire la koinonia, così che la collaborazione e la sinergia siano parte integrante della testimonianza missionaria. Gesù ha posto l’unità dei discepoli come condizione perché il mondo creda (cfr Gv 17,21). Tale convergenza non equivale ad una sottomissione giuridico-organizzativa a organismi istituzionali, o ad una mortificazione della fantasia dello Spirito che suscita la diversità, ma significa dare più efficacia al messaggio evangelico e promuovere quell’unità di intenti che pure è frutto dello Spirito. L’Opera Missionaria del Successore di Pietro ha un orizzonte apostolico universale. Per questo ha bisogno anche dei tanti carismi della vita consacrata, per rivolgersi al vasto orizzonte dell’evangelizzazione ed essere in grado di assicurare un’adeguata presenza sulle frontiere e nei territori raggiunti. dell’annuncio evangelico?”. La risposta è chiara e la troviamo nel Vangelo stesso: i poveri, i piccoli e gli infermi, coloro che sono spesso disprezzati e dimenticati, coloro che non hanno da ricambiarti (cfr Lc 14,13-14). L’evangelizzazione rivolta preferenzialmente ad essi è segno del Regno che Gesù è venuto a portare: «Esiste un vincolo inseparabile tra la nostra fede e i poveri. Non lasciamoli mai soli» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 48). Ciò dev’essere chiaro specialmente alle persone che abbracciano la vita consacrata missionaria: con il voto di povertà si sceglie di seguire Cristo in questa sua preferenza, non ideologicamente, ma come Lui identificandosi con i poveri, vivendo come loro nella precarietà dell’esistenza quotidiana e nella rinuncia all’esercizio di ogni potere per diventare fratelli e sorelle degli ultimi, portando loro la testimonianza della gioia del Vangelo e l’espressione della carità di Dio. Per vivere la testimonianza cristiana e i segni dell’amore del Padre tra i piccoli e i poveri, i consacrati sono chiamati a promuovere nel servizio della missione la presenza dei fedeli laici. Già il Concilio Ecumenico Vaticano II affermava: «I laici cooperino all’opera evangelizzatrice della Chiesa, partecipando come testimoni e come vivi strumenti della sua missione salvifica» (Ad gentes, 41). È necessario che i consacrati missionari si aprano sempre più coraggiosamente nei confronti di quanti sono disposti a collaborare con loro, anche per un tempo limitato, per un’esperienza sul campo. Sono fratelli

Cari fratelli e sorelle, la passione del missionario è il Vangelo. San Paolo poteva affermare: «Guai a me se non annuncio il Vangelo!» (1 Cor 9,16). Il Vangelo è sorgente di gioia, di liberazione e di salvezza per ogni uomo. La Chiesa è consapevole di questo dono, pertanto non si stanca di annunciare incessantemente a tutti «quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi» (1 Gv 1,1). La missione dei servitori della Parola – vescovi, sacerdoti, religiosi e laici – è quella di mettere tutti, nessuno escluso, in rapporto personale con Cristo. Nell’immenso campo dell’azione missionaria della Chiesa, ogni battezzato è chiamato a vivere al meglio il suo impegno, secondo la sua personale situazione. Una risposta generosa a questa universale vocazione la possono offrire i consacrati e le consacrate, mediante un’intensa vita di preghiera e di unione con il Signore e col suo sacrificio redentore. Mentre affido a Maria, Madre della Chiesa e modello di missionarietà, tutti coloro che, ad gentes o nel proprio territorio, in ogni stato di vita cooperano all’annuncio del Vangelo, di cuore invio a ciascuno la Benedizione Apostolica. Dal Vaticano, 24 maggio 2015 Solennità di Pentecoste FRANCESCO 11


Primo incontro Scuola di Mondialità: tra i migranti, con i migranti, per i migranti di Adele Di Blasi e Alessia Micali Il 17 e il 18 ottobre si è svolto il primo incontro della Scuola di Mondialità. Il tema del percorso formativo per l’anno 2015/2016 è incentrato sulla campagna promossa dal VIS e da Missioni Don Bosco “Stop tratta – qui si tratta di essere/i umani” che ha l’intento di accogliere gli immigrati, ma soprattutto di intervenire nei loro paesi d’origine. L’argomento conduttore di questo e degli incontri che seguiranno è tristemente attuale e tocca da vicino tutti noi, più di quanto si voglia credere; non si può far finta di non sentire gli uomini, donne e bambini che bussano e continueranno a bussare insistentemente alle nostre porte in cerca di una speranza per un futuro migliore. Per rendere tutto più concreto e dare forma e sostanza alle parole, che spesso non corrispondono alla realtà, ma sono frutto di errati luoghi comuni, si è scelto di svolgere gli incontri alla Colonia di Don Bosco dove l’associazione temporanea di scopo “Don Bosco Island” ospita al momento 22 minori non accompagnati. Non si sarebbe potuto scegliere luogo più adatto, dati il tema e il fine della Scuola di Mondialità, per trasmettere il senso della condivisione e dell’interculturalità, non solo tra noi partecipanti, ma anche e soprattutto con i ragazzi ospitati, avendo la possibilità di stare a diretto contatto con la loro quotidianità. In ogni incontro verrà trattato un aspetto diverso del tema generale con interventi di esperti e testimonianze dirette; in quello del mese di ottobre ci si è concentrati sulle “rotte e vie dell’immigrazione” con l’aiuto del professor Rosario Sapienza, docente di diritto internazionale all’Università degli Studi di Catania, che ha inquadrato la situazione dal punto di vista tecnico – giuridico spiegando il problema sotto un’ottica geopolitica e descrivendo le rotte più comuni seguite dai migranti che partono da varie parti dell’Africa e in un viaggio inimmaginabile per noi, ma anche per loro, attraverso il deserto, cercano di raggiungere la Libia per riuscire 12

a sbarcare in Europa. Un altro aspetto affrontato, preoccupante e forse meno noto all’opinione pubblica, è il traffico degli esseri umani: i migranti non partono solo per disperazione, ma alcuni sono rapiti e venduti dando luogo ad una vera e propria tratta di vite. Il problema si dovrebbe affrontare a livello internazionale, mettendo da parte l’egocentrismo nazionale, guardando oltre il confine del proprio Stato, cercando di creare una politica unica e comune dove non prevalga l’interesse del singolo governo, ma quello dell’intera comunità in senso più ampio possibile. I governi dovrebbero impegnarsi a difendere quei diritti che loro stessi considerano inviolabili, primi fra tutti la libertà e la dignità dell’uomo, nei confronti di tutti e non solo di coloro che sono cittadini di un determinato Stato. Dalla politica internazionale si passa alla spiritualità con la veglia Missionaria Diocesana in occasione della Giornata Missionaria Mondiale, arricchita da proiezioni video e testimonianze coinvolgenti di ragazzi appena tornati dalla loro esperienza missionaria. Il giorno successivo è intervenuto Don Guido Errico, vice presidente del VIS, che ha spiegato cosa voglia dire per lui essere missionari per poi lasciare spazio alle testimonianze di due ragazzi immigrati che adesso lavorano alla Colonia Don Bosco e sono riusciti ad integrarsi nel tessuto sociale. Le parole spezzate nel ricordare un lungo viaggio tra la vita e la morte, il dolore nel dover abbandonare forse per sempre la propria terra e i propri cari e nel veder morire i loro compagni di viaggio, i visi sorridenti dei bambini i cui occhi innocenti hanno già visto la guerra, il sangue, la disperazione non possono lasciare indifferenti. Sono esseri umani e hanno il diritto ad essere umani, hanno il diritto di sperare in un futuro migliore e tocca a noi nel nostro piccolo sostenerli e, in generale, a tutti quegli Stati che si ritengono civilmente sviluppati, ma che probabilmente sono, anche in parte, responsabili di queste tragiche migrazioni.


Esperienza in Expo a Casa Don Bosco

Marco Faggioli, Responsabile gestione Casa Don Bosco

Expo Milano 2015 si è concluso il 31 ottobre, dopo una maratona durata sei mesi che ha visto nell’incontro tra i popoli una delle chiavi del suo successo. Casa Don Bosco, il padiglione della Famiglia Salesiana, ha giocato in questo senso un ruolo di prim’ordine su questo palcoscenico internazionale. Come responsabile della gestione del padiglione, ho potuto vivere in prima persona le molteplici sfumature della partecipazione ad un’esposizione universale: onere e onore di essere dunque “in prima linea” ad un evento che ha attirato moltissimi riflettori su di sé. EDUCARE I GIOVANI, ENERGIA PER LA VITA La Famiglia Salesiana ha partecipato a Expo in qualità di rappresentante della società civile, veicolando a migliaia di persone quelli che sono i principi e i valori cardini delle numerose realtà che ne fanno parte. In particolare sono stati due gli elementi prescelti per presentarsi ai visitatori: l’educazione (nello stile e carisma salesiano) e il protagonismo giovanile. È stato così che il tema principale di Expo, Nutrire il Pianeta Energia per la Vita, è stato tradotto in “Educare i Giovani, Energia per la Vita”: una combinazione per alimentare quelle che sono e saranno le risorse centrali per il futuro del nostro pianeta, le giovani generazioni appunto, nutrendone non solo il corpo, ma anche lo spirito, gettando le basi per costruire processi e percorsi di autentica sostenibilità. Nell’anno del Bicentenario della nascita di Don Bosco, la presenza in Expo ha assunto ancor di più una valenza centrale, per ribadire l’attualità del messaggio del Santo, la vitalità e l’entusiasmo con cui moltissime persone ne incarnano tutt’oggi lo spirito e lo traducono ogni giorno in azione, a fianco dei più giovani e dei più bisognosi. E la figura di Don Bosco, il suo nome e la sua immagine nella “Casa” del Padiglione, hanno reso ancor più profondo il

messaggio che si è voluto trasmettere: Casa Don Bosco è stato l’unico padiglione a portare il nome di una

persona, rappresentando in un unico luogo gli oltre 130 Paesi in cui la sua opera continua ancora oggi. Questi tratti hanno suscitato interesse e curiosità fin

da subito, richiamando non solo ex-allieve/i da tutto il mondo ma anche persone che non conoscevano la realtà salesiana. Tutti ne sono usciti arricchiti da un messaggio semplice nella sua grandezza, reso più fruibile attraverso tre frasi simboliche di Don Bosco che riecheggiavano all’esterno e all’interno del padiglione: - Vuoi fare una cosa buona? Educa i giovani! - In ogni giovane c’è un punto accessibile al bene; - L’educazione è cosa di cuore. Trasmettere il senso di valori e messaggi così profondi in un contesto peculiare come Expo non è stato facile, né immediato: l’area espositiva offriva ad ogni angolo sollecitazioni visive, stimoli sensoriali a tutte le ore, con l’utilizzo anche sfrenato delle ultime tecnologie. Il padiglione della Famiglia Salesiana è stato dunque, ancor di più, “Casa” per qualunque visitatore vi sia entrato: un ambiente accogliente, familiare, dove si è cercato di garantire quell’attenzione alla persona che in ogni luogo del mondo si può percepire entrando in un qualsiasi centro di un’opera salesiana. Propensione all’ascolto, dialogo, confronto, in tante lingue e con moltissime culture, sono stati i paradigmi 13


costanti che lo staff accoglienza ha seguito per ricevere il pubblico: in tantissimi ci hanno fatto presente questa attenzione particolare che in altri padiglioni non avevano percepito.

trasmesso ai visitatori. A questi ultimi si presentava il padiglione come “di passaggio” all’Esposizione Universale, in qualche modo “prestato” ad Expo, in vista della sua destinazione futura e ultima a fianco e per i giovani. Il progetto del “Dono”, fortemente voluto dagli ex-allievi nell’anno del Bicentenario, garantirà infatti un futuro importante alla struttura del Padiglione, in completa sintonia con il messaggio veicolato in Expo: sarà a beneficio dei giovani della Provincia Salesiana dell’Ucraina (a Vynnyky), come centro educativo nel pieno spirito di Don Bosco. CASA DON BOSCO COME FAMIGLIA Mi piace terminare ogni racconto dell’esperienza di Expo richiamando lo spirito di collaborazione, rispetto e comunità di intenti che si sono creati all’interno dello staff che in prima persona ha interpretato i sei mesi espositivi con la propria ricchezza di esperienze. Tanti giovani, anche alla prima esperienza lavorativa, che fino al 1° maggio non si erano magari mai incontrati, hanno costruito una

MOLTEPLICITÀ DI EVENTI e DON BOSCO DAY Il filo conduttore dell’educazione in stile salesiano ha fatto da collante a una molteplicità di esempi concreti e buone pratiche presentati nell’arco degli oltre 180 giorni espositivi. L’idea di fondo è stata quella di raccontare la ricchezza, la molteplicità di attori, la diversità di approcci legati però da un comune senso di appartenenza, tutte variabili arricchenti che ben caratterizzano la pluralità della Famiglia Salesiana. È stato dato dunque spazio a buone pratiche educative, con un onere notevole in termini di impegno organizzativo, ma anche con l’energia rinnovata di veder concretizzati al meglio i propri sforzi ogni qualvolta si terminava una giornata intensa e ci si preparava alla seguente. Tra tutti gli eventi è stato emblematico il “Don Bosco Day”, festeggiato il 12 luglio. Ogni Paese/partecipante ha celebrato la propria giornata in Expo e così pure è stato per Casa Don Bosco. Alla presenza del Rettor Maggiore don Ángel Fernández Artime e della Superiora Generale Madre Yvonne Reungoat, la Famiglia Salesiana ha splendidamente coronato la sua presenza in Expo, dando vita a una giornata di gioia di cui tutti i partecipanti porteranno il ricordo. IL PROGETTO DE “IL DONO” Casa Don Bosco ha ribadito la sua peculiarità per il suo progetto sostenibile e rivolto al futuro pensato sin dalla fase iniziale pre-Expo, come ulteriore elemento di ricchezza 14

squadra affiatata e vincente, unita fino agli ultimi giorni perseguendo un obiettivo comune: dare ai visitatori per ricevere altrettanto. Personalmente reputo questa collaborazione uno dei risultati più importanti, perché sintomo di un entusiasmo e di un’appartenenza che travalicano i confini della semplice professionalità. Sono stati esempi e testimonianze di passione e di fede.


Padre Gaetano Nicosia, l’angelo dei lebbrosi Mentre compie cent’anni, al largo di Macao si celebra il sacerdote catanese che dagli anni ‘60 «ha trasformato l’inferno in un paradiso». Ecco la sua storia di Salvatore Giannella Hong Kong (Cina), aprile. ln una casa di riposo di Aberdeen, zona sud sul mare resa famosa perché scenario dei film con James Bond e Bruce Lee, incontro un piccolo grande uomo che in queste terre d’Oriente ammirano e che in Italia, il suo Paese, è sconosciuto. Lo incontro in un giorno speciale: quello del suo centesimo compleanno. E lui, padre Gaetano Nicosia, che qui chiamano “l’angelo dei lebbrosi”, mi ha regalato, insieme al caffè e a una fetta di torta, la storia della sua vita: una favola che è realtà. C’era una volta, al largo di Macao, un’isola che era l’inferno in terra. Ci abitavano un centinaio di lebbrosi semi-abbandonati al loro destino. Provenivano dai lebbrosari chiusi in Cina. C’erano uomini e donne, e anche ragazzi. Tra di loro vi erano continui casi di violenza e di suicidio. Il lebbrosario, cui si poteva giungere solo in barca (ma i barcaioli si rifiutavano di scendere a terra, i viveri venivano tirati a riva con le corde) si trovava vicino a un’alta rupe e molti di loro si erano gettati giù. «Voi salesiani non potete fare niente?», chiese il vescovo di Macao alla comunità salesiana. LUI STRINSE LE MANI Il rettore della comunità chiamò padre Gaetano Nicosia, una passione per gli ultimi e per don Bosco, e lo invitò a prestare un aiuto “globale” ai lebbrosi. Padre Gaetano si trasferì con i lebbrosi a Ka Ho, nell’isola di Coloane al largo di Macao, soffocando la paura del contagio con un coraggio che non credeva di avere. Paura che vinse il primo giorno, quando il potente che lo accompagnò tirò indietro la mano al lebbroso e lui la strinse a tutti. E avviò subito una trasformazione radicale. Fece arrivare dei veri medici e infermieri. L’alimentazione divenne adeguata. L’ambiente veniva mantenuto pulito e ordinato. Le casette del villaggio furono rinnovate. A ogni persona fu affidato un compito: chi faceva il falegname, chi il meccanico, chi l’autista. Il villaggio divenne autosufficiente per l’acqua e l’energia. Nel 1970, 40 persone furono dimesse, guarite. Le altre 72, poche alla volta, tornarono a vivere nel mondo. Per alcuni di loro il reinserimento fu difficile: la famiglia d’origine non li accettava. Chiesero di tornare a vivere a Ka Ho, ormai azienda sanitaria modello, e frequentato persino da persone esterne come il vescovo di Macao che aveva scelto l’isola per riposarsi. O come Gabriele Allegra, pure salesiano e compaesano di Gaetano (entrambi originari di San Giovanni La Punta, Catania, beatificato tre anni fa, a 27 anni dalla morte, per aver tradotto la Bibbia in cinese). Una lettera a padre Gaetano spiega il perché del ritorno a Ka Ho:

Don Nicosia accompagnato dal Cardinale Joseph Zen all’udienza di Papa Francesco

«Questo posto era un inferno e ora si è trasformato in un paradiso!». Negli anni Settanta il villaggio è stato arricchito da due scuole salesiane per ragazzi poveri, anche loro segnate dal Made in Italy: l’architetto italiano Oseo Acconci ha costruito una chiesa e il grande scultore Francesco Messina ha donato lo splendido crocifisso che giganteggia sul frontale della chiesa. I soldi per finanziare il progetto di padre Gaetano arrivarono da tutto il mondo: il primo fu papa Paolo VI. «HO FATTO IL MIO DOVERE» Oggi i lebbrosi sono guariti tutti. Una decina di ex ammalati vive ancora lì, ma ormai è una residenza per anziani. C’è chi vuole costruire un albergo. I figli dei lebbrosi sono arrivati in tanti ad Aberdeen per la festa del compleanno di padre Gaetano. Sono persone realizzate nella società con ruoli di prestigio: professori, impiegati dello Stato, professionisti. Sono arrivati a dire: «Grazie padre, grazie Italia». Lui si sorprende di tanto affetto: «In fondo non ho fatto che il mio dovere: aiutare il prossimo». E noi ci congediamo abbracciando questo eroe normale che la Cina festeggia e che l’Italia da oggi, grazie a Oggi, ammirerà. da OGGI n° 15 - 8/4/2015 15


Don Bosco 200 dal Madagascar

di don Vittorio Costanzo e la Comunità di Betafo

Carissimi/e Vi partecipiamo la gioia della nostra celebrazione del Bicentenario della nascita di Don Bosco. L’Ordinazione sacerdotale di Haja Olivier, insieme ad altri 11 Diaconi, Sabato 25 Luglio, è stata una giornata di abbondanza di grazia del Signore per il suo Popolo nella Diocesi di Antsirabe. Pur esendo sotto la direzione della commissione liturgica della Diocesi, abbiamo preso parte alla celebrazione con la danza del Gloria durante la S. Messa, presieduta da tre Vescovi, fra cui il nostro Mons. Saro Vella, e concelebrata da 130 Sacerdoti. La nostra corale polifonica formata da 114 elementi ha eseguito un bellissimo canto. Il 26 Luglio abbiamo celebrato a Betafo il Bicentenario. La S.Messa era presieduta dal Novello Sacerdote D. Haja e concelebrata dal sacerdote Novello ordinato la Domenica 19 Luglio a Mahajanga (D. Theo); partecipava da Diacono il Novello sacerdote ordinato Domenica 2 Agosto a Fianarantsoa (D Tafita). Il nostro Ispettore D. Armand e un bel gruppo di Sacerdoti concelebravano.

La S. Messa è stata ben preparata dalla commissione liturgica, guidata dalle Suore FMA. La Corale ha animato magnifi-

Dolce con la scritta dei 200 anni, di lato, e nel frontale: “Giovani, vi aspetto in Paradiso, Don Bosco”.

camente i canti. Le associazioni parrocchiali e oratoriane si sono susseguite nelle danze dei vari momenti liturgici. Gli allievi di maturità del S. Luigi hanno mimato il canto di ringraziamento facendo un bel disegno dei 200 anni all’interno

Il taglio della torta dei 200 anni con l’Ispettore D. Armand e i tre novelli Sacerdoti salesiani. 16

della mappa del Madagascar. Come da consuetudine, abbiamo ricordato il Giubileo di Matrimonio e di Vita consacrata. Due coppie di

Sposi hanno celebrato il 25° di Matrimonio; una Suora del Cenacolo ha rinnovato la sua Professione Perpetua; l’Ispettore Don Armand ha ricordato i suoi 20 anni di professione; Don Vittorio ha celebrato i 55 anni di professione. Un murale è stato scoperto dopo la S. Messa, in ricordo del Bicentenario, che da noi è stato anticipato al…26 Luglio 2015 ! Il pranzo è stato un’agape familiare, con la partecipazione della Famiglia del Novello Sacerdote, i rappresentanti della Famiglia salesiana e di tutto il distretto missionario. Carissimi, con Voi ringraziamo il Signore per il dono di Don Bosco alla Famiglia salesiana e alla Chiesa. Aiutateci con la vostra preghiera a rinnovare il nostro impegno per seguire le orme di Don Bosco e realizzare il carisma salesiano in Madagascar e nel mondo. Affidiamo alla Vergine Ausiliatrice, Guida e Maestra, l’avvenire salesiano in Madagascar. Con affetto.


Anche tu puoi fare un miracolo!

di don Vittorio Costanzo

NIRINA, nata il 26/06/2006, è una bambina che ha trovato la misericordia del Signore ed è stata «miracolata» dal Signore Gesù. A due anni dalla nascita, Nirina non si mette in piedi. Le sue gambette restano immobili; gli sforzi della Mamma per metterla in piedi non hanno alcun risultato. Nirina comincia a conoscere gli ospedali. Al Centro dei poliomielitici di Antsirabe, la città vicina a Betafo, si constata che Nirina ha una malformazione congenita. Le cure saranno lunghe. La Mamma, abbandonata dal marito, non ha un lavoro stabile e i mezzi per sostenere le spese. Tutto si chiude,con la rassegnazione di non poter far niente. Nel gennaio 2012 (Nirina ha cinque anni e mezzo) mi sono accorto del caso. Ero andato a prendere il riso dopo la ripulitura. Mi sono accorto di questa bambina buttata a terra come un «animaletto». «Perché questa bambina non si mette in piedi?» domando. «Le gambette non la sostengono» mi si risponde. «Cosa avete fatto fin adesso» replico. «Non c’è niente da fare» fu la risposta. Ci siamo messi d’accordo con la Mamma che la missione avrebbe sostenuto le spese di medicine e dell’operazione, se fosse necessario. Alla Mamma è richiesta la partecipazione alla spese del vitto per lei e la bambina. Gi specialisti del Centro dei Poliomielitici ricoverano Nirina e la sottopongono alla trazione per tre mesi. Vi lascio immaginare questa bambina immobile, con la Mamma accanto che non poteva assentarsi se non per qualche momento. E poi, le difficoltà del cibo… Vengo in aiuto alla Mamma assicurando il mantenimento anche per le spese del vitto. Dopo tre mesi, visto che non c’erano progressi evidenti, i medici decidono di operare chirurgicamente. Le operazioni in Madagascar ! Dovreste farvele raccontare dai tanti medici e specialisti stranieri e italiani che sono venuti in Madagascar! Con mezzi rudimentali, fanno operazioni…impossibili! Durante l’intervento, il medico prova a far ruotare l’osso dell’anca e rimetterlo in posizionie normale; ma è necessario un busto che dal bacino blocca le gambette, in modo da permettere la calcificazione e l’assestamento osseo! Sette mesi obbligano Nirina a stare con le gambette aperte e in posizione rigida. Povera Nirina e povera Mamma! Finalmente viene tolto il gesso e sostituito con un’altra ingessatura solo ad una gamba. Ma Nirina è sempre

immobile; deve essere servita in tutto e per tutto dalla Mamma… martire anche lei. Finalmente dopo un anno, il miracolo: Nirina si mette in piedi ! Anch’io ho pianto di gioia! Nirina esce dall’ospedale, ma deve fare la rieducazione. Le gambette sono troppo esili; non hanno mai lavorato. Nirina ha bisogno di cibo ricco di calcio, di proteine…Non mi posso tirare indietro: assicuro alla mamma e a Nirina il cibo necessario per farla crescere. Prima con cruccette, cominciano i primi passi. Ora le crucce sono ancora necessarie, ma Nirina…va a scuola dalle Figlie di Maria Ausiliatrice!

Il grosso è terminato, ma Nirina ha ancora bisogno del sotegno di quanti le vogliono bene. È vero, Nirina ha trovato il benefattore; si chiama appunto TROVATO ! Grazie a questo ex-oratoriano della Salette-Catania, Nirina continua a fare la rieducazione, due volte alla settimana ad Antsirabe ed attende di poter… correre, come il paralitico di cui parla il vangelo (cfr Mc 2, 1-12)! Ma quanti ancora attendono il benefattore; molti bambini bussano ogni giorno alla porta della missione. La tua offerta è preziosa; sufficiente per fare i miracoli! Vuoi fare anche tu dei miracoli? Grazie anticipate della tua collaborazione. 17


Notizie dal Madagascar

di don Giovanni Corselli e la comunità di Bemaneviky

Bemaneviky, 13 Maggio 2015 Carissimo don Luigi, ho ricevuto da Carmelo Buccieri la copia del bonifico che hai fatto al VIS a favore di tanti missionari tra cui figura il mio nome con due generosissime offerte. Con questa lettera intendo, anche a nome della mia comunità di Bemaneviky e di tutti i nostri fratelli malgasci che abitano nel nostro distretto, ringraziare te, i salesiani tutti della nostra Ispettoria sicula e tutti i benefattori che ci sostengono con la loro preghiera e la loro generosità. È veramente grande il bene che ci permettete di fare a questi nostri fratelli veramente bisognosi di aiuti spirituali e materiali.

interventi costosi con analisi che devono essere fatte a Tananarive a 1000 km da noi. Ti assicuro che in questi casi i piccoli diventano nostri figli o nipoti e si darebbe l’anima per vederli guarire. Ci abbandoniamo nelle mani della Provvidenza e... osiamo e costatiamo che Lei non ci abbandona e che ci viene incontro attraverso la generosità di tanti nostri benefattori e della nostra Ispettoria che è tradizionalmente missionaria e sensibile ai bisogni di chi soffre.

Non ho ancora accennato ai danni provocati dalle grandi piogge di gennaio, febbraio e marzo che, anche se non hanno arrecato danni alle persone, hanno rovinato parecchie coltivazioni e parecchie capanne e adesso si fa impellente venire incontro ai sinistrati. Rinnovando i nostri più sentiti ringraziamenti, assicuriamo a tutti il nostro ricordo costante nella santa messa (una santa messa al mese viene celebrata secondo le intenzioni dei nostri benefattori) e nella recita giornaliera del santo rosario (una posta del rosario è sempre recitata secondo le intenzioni dei nostri benefattori).

Tante volte mi assale il dubbio se posso sbilanciarmi così tanto nel venire incontro agli innumerevoli bisogni di ogni genere che ogni giorno si presentano oltre ai quasi 300 ragazzi che assistiamo per la scuola ed agli interni nostri e delle suore che aiutiamo in modo completo. Sono tanti i casi di ricovero in ospedale per operazioni urgenti e la gente non ha la possibilità di pagare gli interventi (in Madagascar come penso che voi sapete non esiste assistenza medica e tutto deve essere pagato dalla famiglia). Molti i casi in questo periodo di ragazzi che, pare a causa di un virus, di colpo non riescono a camminare e si richiedono 18

In questo mese di maggio, mettiamoci sotto la protezione della Vergine Ausiliatrice e,con la stessa fede di don Bosco, chiediamo a Lei, per tutti noi la vera gioia, la pace e la salute e soprattutto la grazia del Signore. Auguri di ogni bene.


I salesiani ad Aleppo I salesiani sono arrivati in Siria ad Aleppo nel 1948, con la richiesta della Serva di Dio Matilde Salem, al Rettor Maggiore dei Salesia-

attraversando i più terribili pericoli (mare, confini, ladri...). Tutto questo ci spinge ancora di più a non arrendersi a questa situazione ma

Oratorio di Aleppo: inizio dell’anno catechistico

ni don Pietro Ricaldone per aprire una scuola professionale per i giovani di Aleppo, e con la scuola un grande oratorio proprio come voleva Don Bosco. Per questo, abbiamo una storia molto vecchia e ricca in quella città, sia a livello culturale ma sopratutto a livello ecclesiale; condividiamo con le chiese locali, con lo stile e la spiritualità di Don Bosco, ciò che riguarda la crescita dei giovani. Posso dire che troverai pochissimi giovani cristiani di Aleppo che non sono passati, per poco tempo almeno, nei nostri cortili dell’oratorio. Fin dall’inizio della guerra, non abbiamo avuto il dubbio di ripensare la nostra presenza ad Aleppo tra i giovani, anzi, ci siamo chiesti come Salesiani: come dobbiamo rispondere a questo disastro che colpisce la nostra gente? La risposta non poteva essere se non avere maggior cura dei giovani. È vero, vedere tantissimi dei migliori giovani andarsene lontano nelle terre sconosciute è triste e doloroso, perché si tuffano nel buio, passando migliaia migliaia di chilometri, e

a lavorare di più e con noi tutta la Congregazione Salesiana. Come salesiani diciamo le stesse parole di Don Bosco ai suoi giovani: “con voi io sto bene”, “noi salesiani di Aleppo, stiamo bene con i giovani di Aleppo”.

Don Pier con Papa Francesco a Roma

L’oratorio salesiano di Aleppo, svolge attività educative e ricreative e spirituali e per i ragazzi e i giovani cristiani, tra il catechismo settimanale, attività sportive, incontri di associazione che fanno parte del Movimento Giovanile Salesiano, estate ragazzi, le messe domenicali ed altre attività varie... Il numero dei giovani del catechismo è

di don Pier Jabloyan quasi 500 tra ragazzi e giovani, e all’estate ragazzi arriva al numero 700. La vita quotidiana sempre di più sta diventando difficile, l’assenza della sicurezza e la mancanza dei servizi pubblici, gas, gasolio, elettricità e sopratutto la mancanza d’acqua distrugge la vita quotidiana. La preoccupazione della gente oggi è pensare a come ottenere una linea di energia elettrica di quelle provenienti dai generatori privati. Pagando una certa somma settimanale si può far funzionare una ventola e una TV, o procurare qualche bottiglia d’acqua potabile... E tanti altri bisogni che per l’uomo moderno sono normali e appartengono alla vita quotidiana. La comunità cristiana di Aleppo, nella sua pluralità ecumenica, è unita proprio nella sofferenza. Tutte le chiese sono impegnate nel soccorso alle famiglie e nell’aiuto agli sfollati: distribuzione di cibo, accoglienza, organizzazione di momenti di intensa preghiera per la pace, proposta di momenti forti per i ragazzi e i giovani cristiani.

La chiesa dell’opera salesiana di Aleppo

Tanti mi chiedono, come sarà il futuro? Certo è difficile fare previsioni. Ma abbiamo sempre la forte speranza in un futuro migliore, per questo lavoriamo ed educhiamo i nostri ragazzi, per diventare uomini e donne di pace, come buoni cristiani ed onesti cittadini. Pregate per noi e un saluto a tutti. Un abbraccio. 19


I colori dell’Albergheria di Palermo Racconti dal campo lavoro a Santa Chiara “Dicono che gli arabi scrivono al contrario, Mohammed ha detto che io scrivo al contrario”, questa frase di Caparezza potrebbe riassumere l’esperienza del campo lavoro estivo a Santa Chiara, nel cuore dell’Albergheria, a Palermo. Il campo ha coinvolto giovani provenienti dalle ispettorie meridionale e sicula, ma è stata anche occasione di incontro con i volontari che si spendono quotidianamente in questa realtà e ragazzi provenienti da Milano, anch’essi coinvolti nel Movimento Giovanile Salesiano. Durante questo entusiasmante viaggio, durato due settimane, le occasioni di mettersi in gioco nel servizio si sono presentate in diverse forme: nella scuola di prima alfabetizzazione, nell’asilo per l’infanzia migrante e nel Grest giovani per i ragazzi del quartiere. Sicuramente parlare di quei giorni intensi non è semplice: mi piace definire il campo come l’occasione per un totale cambio di prospettiva, in cui il confine fra chi dona e chi riceve è estremamente labile. La labilità di questi confini si può raccontare parlando ad esempio della scuola di prima alfabetizzazione, per i ragazzi e gli uomini, giunti in Italia dall’Africa da poche settimane, alcuni ancora scossi fisicamente ed emotivamente dal recente sbarco. Quotidianamente gli “allievi”, con i loro quaderni dalle calligrafie incerte, donavano la loro fiducia, le loro storie ed i loro sorrisi, nonostante le sofferenze che hanno scavato le loro vite, ai volontari che offrivano in cambio il loro entusiasmo e la loro voglia di dare il massimo, improvvisandosi professori e trasformandosi in amici.

Una delle immagini che porterò sempre nel cuore è quella di un uomo Somalo, Mohammed, che durante le lezioni, incastrato in un banchetto troppo piccolo, seguiva diligentemente insegnanti decisamente più giovani di lui, prendendo appunti ed aiutando chi rimaneva indietro. Un giorno mi ha dato l’onore di ascoltare la sua storia, raccontandomi della Somalia, della guerra e della famiglia rimasta indietro. Ha concluso dicendomi: “io sono convinto che nessun uomo è povero se ha il cuore ricco, e nessun paese è povero se la gente è ricca dentro, nella propria anima”. 20

di Marcella Schininà

Il contesto del quartiere non è una semplice cornice in cui delle singole esperienze hanno luogo, ma una storia viva e variegata che ingloba nel suo dedalo di stradine persone di ogni etnia, tradizioni, religioni, profumi differenti: dalla frittura delle panelle al profumo delle spezie arabe. Un quartiere dalla storia difficile, conosciuto tristemente nelle più recenti cronache di criminalità, ma anche un quartiere con una forte vocazione all’accoglienza del diverso.

L’accoglienza si legge fra quei vicoli ma soprattutto negli occhi di chi quei vicoli li vive ogni giorno. E così dopo un primo disorientamento iniziale, dato dal trovarsi in un contesto unico, in cui anche la lingua parlata, il palermitano stretto, appare come straniera, la sensazione è quella di sentirsi parte dell’Albergheria e della grande famiglia del santa Chiara. Una famiglia che sa far sentire a casa, tanto che ogni anno oltre ai nuovi arrivati ci sono tanti campisti che ripetono l’esperienza, e continue visite di vecchi amici che portano indelebile il ricordo dei giorni di servizio e condivisione fra i bambini, i ragazzi e i giovani del quartiere. Potrei raccontare ancora della gioia durante i giochi d’acqua nel cortile, della gita a mare con i bambini dell’asilo, commossi del loro stupore, di quella volta in cui non ci aspettavamo che proprio “quel ragazzo” condividesse un pensiero tanto profondo, della preghiera serale, con il pensiero della buonanotte, vissuto con profondo rispetto anche dai ragazzi musulmani. Forse tutto si riassume nei saluti finali, nella commozione fra campisti, educatori e ragazzi, nell’ “a domani” dei bambini dell’asilo quando siamo passati a salutarli prima di partire, nel nostro girarci ancora una volta verso l’insegna dell’oratorio, nella piazzetta Santa Chiara prima di andar via, sapendo di lasciar lì un pezzo di cuore. “Perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore” (Matteo 6,21).


Giovani animatrici missionarie «Quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno».

Le parole di Madre Teresa manifestano lo spirito col quale alcune ragazze del gruppo formativo Savio Club dell’Oratorio Salesiano San Giovanni Bosco di Catania, sito in Via Santa Maria della Salette, si sono adoperate, nel corso dell’anno 2015, in attività di Animazione Missionaria. Una tappa fondamentale del percorso è stata la consegna del mandato missionario avvenuta il 6 gennaio, Epifania del Signore e Giornata dell’Infanzia Missionaria. Poco prima dell’inizio della Celebrazione Eucaristica le nostre ragazze hanno vissuto un intenso momento formativo durante il quale è stato loro ricordato che il compito della Chiesa, quindi di ogni battezzato, è essere segno: «Siate stelle luminose che conducono ogni uomo all’incontro con Gesù Cristo», questo l’invito e l’augurio che don Enzo Andronaco, il Parroco, rivolge loro. Al termine della Celebrazione, emozionate, ci dicono: «Siamo felici! È stata un’esperienza molto significativa per noi che adesso siamo

ufficialmente testimoni della Parola e dell’Amore di Dio. Questo vuol dire portare l’amore di Gesù nel mondo, amare come ama Lui, partendo dalle nostre famiglie e i nostri amici, guardando alla testimonianza di Domenico Savio, un ragazzino che a soli quindici anni ha raggiunto la vetta della santità. Alla sua intercessione ci affidiamo, certe di poter essere a nostra volta buone stoffe con cui fare dei begli abiti da donare a Dio». A chi domanda se da quel momento cambierà qualcosa nella loro vita, rispondono: «Rafforzeremo l’impegno nel crescere in amicizia con Gesù e con ogni persona che incontreremo, consapevoli che nel nostro cammino saremo sempre sostenute dai nostri educatori e dall’intera comunità». La formazione delle ragazze, e di altri loro compagni più piccoli, è passata anche attraverso la partecipazione all’annuale “Festa diocesana dei Ragazzi Missionari”, un appuntamento al quale il gruppo è ormai fidelizzato. I partecipanti alla Festa, divisi nelle squadre dei cinque continenti, hanno avuto la possibilità di riflettere, attraverso il gioco e l’ascolto delle testimonianze, sull’importanza di essere testimoni del Vangelo, di farsi dono per gli altri, soprattutto gli ultimi.

di Taisia Messina

Quegli ultimi che sono vicini, come i compagni derisi e che rimangono isolati, gli ammalati delle proprie famiglie, gli anziani. Una giornata particolarmente intensa che ha portato la piccola Aurora Calì, sette anni, a esclamare con gioia: «Sono davvero fortunata a essere parte del Savio Club», perché le permette di crescere nella consapevolezza di essere profondamente amata da Dio e di essere da Lui chiamata a portare agli altri quest’amore. L’impegno missionario del gruppo ha preso concretamente forma nei Mercatini Missionari svolti durante l’anno presso il nostro Oratorio, curati dalle ragazze in ogni dettaglio: dalla catalogazione degli oggetti all’attribuzione dei prezzi, dalla sistemazione del materiale alla vendita. Compito vissuto con serietà e attenzione in ogni fase. Al termine delle attività, don Luigi Calapaj, delegato per l’Animazione Missionaria dei Salesiani di Sicilia consegna loro, dopo un momento di preghiera, un personale attestato di impegno nella promozione e nello svolgimento di attività di Animazione Missionaria e di raccolta fondi a favore delle Missioni Salesiane per l’anno 2015.

Le giovani animatrici missionarie della Salette con don Luigi

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Per non dimenticare Carissimo D. Luigi, come promesso, ti invio per conoscenza alcuni racconti della mia esperienza vissuta con i confratelli del Madagascar. Sono partito per quella terra all’inizio del 1984, inviato da don Lillo Montanti (allora novello successore di don Morlupi) per motivi che ti spiegherò in seguito a viva voce, e mi fermai la prima volta per il tempo di tre mesi e a missione compiuta rientrai in patria. Come vedi, sono stato il primo laico a recarsi in terra di missione in Madagascar e a lavorare insieme ai missionari Salesiani. Verso la fine dell’anno 1985, mi recai di nuovo in Madagascar per espletare delle mansioni tecniche. Ma anche questa volta il fattore umano prese il sopravvento, pertanto notai che molti bambini che cominciavano a frequentare le nostre scuole, invece di dedicarsi allo studio, sonnecchiavano sui banchi. Chiesi ad alcuni di loro che cosa mangiavano per colazione e scoprimmo che non mangiavano affatto, anzi alcuni non mangiavano nemmeno la sera precedente. Allora ci rendemmo conto che la causa non era la svogliatezza, ma la denutrizione. Decidemmo con don Rosario Vella l’immediato acquisto di un certo quantitativo di latte in polvere, ma purtroppo la disponibilità finanziaria era molto limitata e don Saro riuscì appena ad acquistarne 2000 Kg. Ma i bambini erano tanti distribuiti nelle scuole pubbliche e Salesiane: dove prendere i soldi? Al mio rientro in Italia, un’idea mi baleno in mente: compilai un modestissimo volantino (che inserisco in allegato e che sicuramente troverai in archivio) di circa 10.000 copie che girarono in Sicilia ed in parte anche fuori e così sono riuscito a riempire un intero container di sacchi di latte in polvere proveniente dalla Svizzera, visto che in Madagascar non si produceva. Dopo di ciò, sono ripartito per iniziare la distribuzione nei vari villaggi. 22

di Pippo Formisano

Il primo numero di Sisami, 1980

Il volantino preparato da Pippo Formisano


Un viaggio inverso Il libro L’onda opposta è scritto a quattro mani dalla giornalista Patrizia Caiffa e dal vicedirettore e responsabile dell’area internazionale della Caritas italiana Paolo Beccegato. Gli autori, che raccontano per lavoro ogni giorno fatti di cronaca riguardanti più che altro il Sud del mondo, le minoranze, i poveri, i rifugiati, hanno desiderato fornire ai lettori una prospettiva diversa sull’attualissima questione della migrazione. Il libro, infatti, racconta la storia di un viaggio d’immigrazione al contrario. Durante un’intervista, Patrizia Caiffa ha rivelato che l’idea è nata durante un viaggio, con giornalisti e operatori della Caritas italiana, fatto nel 2011, il periodo della guerra in Libia, della primavera araba, nel campo profughi di Shousha, al confine con la Libia. I personaggi del libro rappresentano i volti della crisi italiana e ciò facilita l’identificazione, il mettersi nei panni dell’altro per capire che è un diritto di ogni essere umano aspirare alla dignità e alla libertà e sperare in un futuro migliore. I protagonisti sono Valeria, giovane meridionale giornalista precaria, e Pino, camionista lombardo che ha appena perso il lavoro, con a carico moglie e figli. Lo sfondo è quello della crisi che ha vissuto l’Italia in anni recenti. Un clima anche abbastanza amaro, disilluso, perché questi italiani scelgono di fuggire all’estero e tentare il viaggio della speranza dei migranti sul mar Mediterraneo in senso inverso, da Lampedusa alla Tunisia, Paese di crescenti speranze dopo la “primavera araba”. Sulla barca si ritrovano insieme una quindicina di italiani, di tutte le età ed estrazioni sociali, di diverse regioni, che raccontano le loro vite e i problemi che li hanno spinti a partire. Sono i primi italiani a navigare in senso inverso. Cercando, appunto, di cavalcare l’onda opposta. Nella prefazione al libro, così scrive Giovanni Maria Flick, Presidente Emerito della Corte Costituzionale: «Il segreto dell’originalità e dell’efficacia di questo libro sta qui: nel cercare di “mettersi al loro posto”, sia pure in condizioni e in un contesto irreale di gran lunga migliore di quelli in cui sono costretti a muoversi i profughi in fuga sulle carrette del mare o nel sottofondo dei tir». É un libro dunque che apre ad una prospettiva nuova, che spinge a guardare al Sud, al basso e al diverso con dinamiche di potenzialità ed accoglienza, facendoci capire che siamo tutti fratelli, non solo per nascita ma anche per destino, che diventa un abile distributore di realtà.

Occorre ripensare al concetto stesso di migrante, di disperato, al concetto di crisi e di valore per la vita umana. “Poiché un monaco si lamentava col suo superiore del gran numero di emigranti che affluivano in Egitto attraversando il Mar Rosso, abba Filocolo disse: - Perché ti lamenti? Siamo tutti discendenti di emigranti, da quando Adamo ed Eva han dovuto lasciare il Paradiso…”.

Anno XXXV Numero speciale - Dicembre 2015

Organo di Informazione e di Collegamento del Centro Ispettoriale Missioni Salesiane Via Cifali, 7 - 95123 Catania Tel. 0957285113 sisami80@gmail.com - missionisiciliasdb@gmail.com Redazione: Luigi Calapaj, Taisia Aurora Messina Stampa: Tipolitografia Stampa Open - Messina

Responsabile: Giuseppe Costa Aut. Trib. Catania N. 560/17-1-81

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La redazione di Si.Sa.Mi. vi augura un buon inizio di Giubileo, Santa NativitĂ e sereno 2016


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