Messina

3P: un Santo ritardatario

Oggi ricorre l’anniversario di nascita, terrena e celeste, di Padre Pino Puglisi (3P). Ora sappiamo tutti la storia di 3P, prete ucciso dalla Mafia nel suo quartiere a Brancaccio solo perché si stava impegnando a togliere i ragazzi del quartiere dalla strada. Il problema è che 3P non è Santo (anzi Beato) perché è stato ucciso dalla Mafia, no lui tutt’al più è stato ucciso dalla mafia perché era Santo (anzi Beato).

Fino a qui niente di eclatante, solo che, personalmente, a me 3P innesca tanti problemi, tante piccole crisi esistenziali che riesce, con la sua vita, a darmi fastidio; mi spiego meglio: prima di conoscere la vita di 3P ero abituato a confrontarmi con figure di santi di un certo spessore: San Francesco, che parlava agli animali; don Bosco che moltiplicava le castagne, Domenica Savio che si sollevava da terra come Superman quando pregava; insomma figure di un certo calibro e di un certo spessore, che se da una parte sono da modello per la mia vita, dall’altra mi mettono il cuore in pace perché so che non potrò mai arrivare alla loro grandezza.

Da quando invece ho letto la vita di 3P invece devo dire che mi sono messo un po’ in crisi… perché 3P non parlava con gli animali (anche se forse avrebbe avuto più successo con gli animali che con qualche capo mafia testardo e ignorante), non moltiplicava nessuna forma di cibo, anzi si riduceva quasi sempre a mangiare cibo in scatoletta (potremmo dire che aveva lo stesso menù di uno studente fuori sede); e non volava a destra a sinistra, anzi era un gran ritardatario; pensate che aveva ormai assodata la sua fama da ritardatario che lui stesso ci scherzava sopra dicendo: «l’appuntamento è alle 15, io vengo alle 16, se alle 17 non sono li alle 18 ve ne potete andare». Vi rendete conto? Che se l’avesse detto a me gli avrei fatto una sfuriata di quelle colossali.

3P mi ha messo sempre in crisi perché mi ha fatto comprendere che ad essere santi non ci vogliono chissà quali super poteri, basta fare bene l’ordinario, fare quello per cui si è chiamati; 3P non si è semplicemente accontentato di celebrare la Messa a Brancaccio, ma ha fatto ciò per cui era chiamato, il padre, mediazione del vero Padre. Un uomo che aveva le stesse scarpe da tanti anni perché grazie al mestiere di suo padre (il calzolaio) aveva imparato a ripararle, un prete che non girava quasi mai con il colletto da prete perché dice “gli dava fastidio al collo”.

3P mi ha aiutato a vedere i santi non più come esseri mitologici irraggiungibili ma come persone “normali” come me, consapevole che il Buon Dio ama san Francesco d’Assisi e me in ugual misura, quindi anche io posso essere santo così come lo sono stati don Bosco, Domenico Savio e Francesco d’Assisi (magari evitando di parlare proprio con i cani di cui ho un po’ paura).

3P c’insegna ancora oggi che essere santi è davvero possibile e che, come diceva lui, «Dio ci ama sempre tramite qualcun’altro» e che «se ognuno fa qualcosa allora si può fare molto». Per colpa di 3P dovrò un po’ rivedere la mia vita da Battezzato, che forse parlare con gli animali, moltiplicare castagne e alzarsi da terra non sono i veri miracoli; il vero miracolo, ciò che davvero ti rende santo (Felice) è rispondere con gioia alla chiamata che il Buon Dio ha per te, rispondere con il sorriso sempre, fino alla fine così come ha fatto 3P l’attimo prima di essere ammazzato.

don Stefano Cortesiano